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31 gennaio 2004
Introduzione
Ci sono uomini che cambiano il corso della Storia. C'è stato un còrso che ha cambiato la storia degli uomini. C'è un Corso Italia in ogni città italiana e non ce n'è nemmeno uno in ogni città pakistana (e questo è significativo). Ci sono corsi e ricorsi, appelli e cassazione, sentenze cassate e cassate siciliane coi mafiosi a piede libero. Ci sono uomini cancellati manualmente dalla Storia a colpi di baionetta e cancelli automatici difettosi rivolgersi amministratore di condominio rag. Bufalini, int. 12/b ore 18,30-19 se il campanello non funziona bussare piano e/o inserire sotto la porta un biglietto senza fare scherzi cretini come quello del preservativo usato con sopra il profumo di mia moglie tanto lo so che sei stato tu Gigetto a proposito sei pregato di togliere quel cesso di motorino dall'aiuola e di metterlo in un posto con meno vocali.
Ci sono uomini per tutte le stagioni e uomini autunno-inverno sfoderabili, uomini di tutti giorni e uomini bisettimanali che le donne sbuffano mentre li aspettano e battono il piede nervose e cambiano pettinatura e sfogliano le riviste per donne perché quelle per uomini si vergognano.
Ci sono uomini, tanti quanti ce ne sono.
Capitolo I
Sergio Cofferati viene alla luce circa nove mesi dopo che i suoi genitori avevano elaborato una piattaforma programmatica pluriennale nel corso di un prolungato vertice unitario notturno.
La sua prima dichiarazione, seppur rozzamente espressa, manifesta una precoce capacità di individuare obiettivi precisi e di rivendicare con fermezza i propri diritti: un vagito sobrio ed incisivo.
Nei primi mesi di vita il piccolo Sergio attua uno sciopero a singhiozzo convulsivo e un blocco della produzione intestinale.
Cofferati affina la sua preparazione di sindacalista all'asilo. Scopre che un gruppo di bambini che strepitano e picchiano il cucchiaio sul tavolo fanno molta più caciara di un infante isolato. Al termine di una faticosa trattativa con la rappresentante delle suore ottiene di poter suonare tamburi e fischietti in orari consentiti. Nasce il concetto di concertazione.
Quando la direzione cerca di introdurre tecnologie più avanzate, il giovane leader rivela tendenze luddiste: utilizza il flauto dolce per spaccare le noci, molestare i compagni e far sobbalzare la nonna con improvvise note stridule.
Quell'estate Sergino vede il mare. Dalla terrazza del Bagno Gloria fissa a lungo le onde spumose che si perdono all'orizzonte e gli ombrelloni rossi che garriscono al vento. Ascolta trasognato il suo nome diffuso dagli altoparlanti e quando finalmente lo ritrovano sta arringando la folla dei bagnanti in preda ad un'allucinazione premonitrice.
Durante quelle vacanze il piccolo Cofferati conduce trattative estenuanti con la controparte per la riduzione dell'orario-pennichella ed ottiene il ghiacciolo integrativo giornaliero. Rafforzato da quell'esperienza respinge l'infame tentativo di spegnere la lucetta sul comodino per ridurre i costi di gestione nel turno di notte.
L'estate finisce e Sergio guida il corteo dei grembiuli blu che affrontano compostamente il primo giorno di scuola.
Capitolo II
Una lunga e faticosa ricerca ci ha permesso di entrare in possesso di alcuni componimenti che il piccolo Cofferati vergò alle elementari.
Il mio compagno di banco
Prima di tutto il compagno di banco è un compagno. La mattina noi ci sediamo nel banco e stiamo accanto tutto il tempo fino a quando suona la sirena campanella di ricreazione. Lui cià sempre il panino con la mortadella che gli fa schifo e io ciò i waferoni al cioccolato che mi ci impiastro tutta la faccia. Io gli ho detto di fare il cambio perché dice papà che a ciascuno secondo i suoi bisogni e da ciascuno secondo le sue possibilità. Lui si è mangiato mortadella e waferoni e a me mi ha dato un tovagliolino di carta per pulirmi.
Stasera devo parlare con papà.
Come ho trascorso la domenica
Ieri sono andato alla fabbrica occupata e siccome era domenica non sono fuori tema come dice sempre quella rezio reazionaria della maestra che io non ciò paura a dirgli le cose in faccia anche se lei cià la maggioranza.
La fabbrica è occupata perché se viene qualcun altro per fregargli il posto gli operai dicono OCCUPATO! e quelli lì se ne devono andare con le pive nel sacco.
Sono rimasto unora una ora due ore e poi papà mi ha detto torniamo a casa. Io non volevo andare ma alla fine mi ha strascicato via.
Se adesso qualcuno mi frega il posto in fabbrica mi arrabbio tantissimo.
Capitolo III
C'è una strada che serpeggia tra palazzi scalcinati e lenzuola offerte al sole tiepido di marzo.
C'è un bambino che stringe al petto il suo bene più prezioso: un pallone malconcio.
C'è un ragazzo appoggiato a una grossa automobile che sorride e si pavoneggia nel suo doppiopetto da adulto.
Il bambino si avvicina e fissa incantato la carrozzeria lucida e le ricche cromature.
"Ti piace?" fa il ragazzo. "Qualche volta papà me la fa guidare"
"Mio papà mi ha regalato questo", risponde il bambino mostrando con orgoglio il pallone.
"Ma è tutto rotto! Bisogna cambiarlo, cambiarlo assolutamente!"
"Come faccio?" piagnucola il bambino. "Fino a Natale, niente regali..."
"Io di palloni ce n'ho un sacco", spiega il ragazzo. "Se mi dài il tuo te ne porto uno nuovo!"
"Sei sicuro?" esita il bambino.
"Certo, te lo prometto! Anzi... per essere sicuro di non scordarlo me lo scrivo su questo pezzo di carta. Sarà una specie di contratto tra noi due. Come ti chiami?"
"Cofferati Sergio", si qualifica il bambino porgendo il pallone.
Due portiere sbattono, il motore romba e l'automobile si allontana. Il bambino la rincorre disperato, l'affianca.
"Ma come ti ritrovo?" urla trafelato. "Te... te come ti chiami?"
"Mi chiamo Silvio", risponde il ragazzo con un sorriso meccanico poco rassicurante. "Sentirai parlare di me."
Capitolo IV
Anche nella vita dei personaggi più famosi ci sono parentesi oscure, momenti in cui gli artefici della Storia sembrano scomparire nel magma indistinto dell'umana moltitudine. Succede che lo sguardo dei posteri vaghi inutilmente alla ricerca di un segno rivelatore, della traccia riconoscibile di un'esistenza illustre che scorre carsica sotto la crosta dura del quotidiano.
I Vangeli tacciono riguardo all'adolescenza di Gesù: l'abbandonano bimbo che indottrina nel Tempio e ce lo restituiscono uomo fatto, sul punto d'intraprendere la sua missione.
In epoca moderna poco conosciamo della giovinezza di Silvio Berlusconi e, data l'indole riservata del premier, questo non ci stupisce. Di quel periodo ci rimane solo un'istantanea sbiadita, virata in seppia come d'uso negli anni Cinquanta. Il giovane Cavaliere sorride con aria molto soddisfatta nel giardino di casa; è ritratto davanti alla Lancia del padre e tiene sotto il braccio un pallone logoro e rattoppato che stride con l'ambiente decorosamente borghese.
In questi casi l'umile biografo annaspa come un gatto cascato in una Jacuzzi biposto piena d'acqua e cerca disperatamente appigli per portare avanti il racconto. La tentazione d'integrare con l'invenzione e la fantasia gli scarni dati storici è forte, ma noi non cederemo: ammettiamo con onestà di ignorare gli eventi che videro protagonista Sergio Cofferati nel tardo pomeriggio del 14 settembre 1956. Giocò a rubabandierarossa o a Mosca cieca? s'addestrò col metalmeccano o con i piccoli Chimici? giocò al domatore nella gabbia salariale o affrontò per la prima volta una Scala Mobile?
Lasciamo l'onere e l'onore d'investigare quegli avvenimenti a studiosi più acuti e fortunati di noi.
Capitolo V
Ritroviamo Cofferati smilzo adolescente che fruisce dei primi anni Sessanta in mancanza di meglio. Il Paese è cambiato, anche se si chiama sempre nello stesso modo.
"Là dove c'era l'erba ora c'è una città, questa stanza non ha più pareti e non c'è il leone, chissà dov'è?" mugugna il giovane Sergio, afflitto dai problemi tipici dell'età puberale-industriale.
È primavera e tutto appare sotto una luce diversa. Le ciminiere sembrano traboccare panna montata, i metalmeccanici scampanellano garruli pedalando all'alba, gli uccellini fulminati compongono sul pentagramma dei cavi elettrici un inno alla modernità che avanza.
Cofferati trascorre le vacanze pasquali dallo zio Pasquale, un tipo piuttosto ripetitivo ma festoso. Il ragazzo è tormentato dal dubbio e una notte convoca Dio per un chiarimento definitivo. Di fronte alle posizioni rigide e assolutiste della controparte Sergio sta per rompere definitivamente le trattative, quando vede la luce. Socchiude la porta e sorprende la cugina Gina, fanciulla allitterata ma formosa, impegnata in abluzioni intime.
Cofferati è turbato da quell'apparizione che mette in discussione tutta la sua scala di valori. Inforca la bicicletta dello zio e in balìa di un tifone ormonale pedala tutta la notte come un forsennato per le natìe terre lombarde; sul far del giorno si ritrova a Milano e crolla esausto sopra una panchina.
Si avvicina a passo svelto un giovane azzimato che lo rimprovera: "Non ti vergogni a ciondolare così? Bisogna darsi da fare, produrre, sostenere lo sviluppo del Paese!"
"Tu chi sei?" chiede Sergio, un po' risentito.
"Io sono un operaio!" replica l'altro con tono lievemente esaltato.
"Dalle mie parti gli operai sono diversi", osserva Cofferati diffidente.
"Vedi... le cose spesso sono diverse da come appaiono", gli rivela il giovin uomo prendendolo sottobraccio e cominciando a passeggiare con lui. "L'Italia ha bisogno di uomini nuovi, nuove idee, un clima sereno e una fattiva collaborazione tra le parti sociali..."
Per un'ora buona Cofferati ascolta lo sconosciuto che espone i suoi progetti, si confida, lo rassicura sul futuro e infine si accomiata.
"Quel Silvio, per essere un esponente della decadente borghesia, non è male", mormora Cofferati quasi commosso mentre osserva il suo nuovo amico pedalare pacatamente e scomparire dietro l'angolo di un palazzo.
"Certe volte siamo prigionieri dei pregiudizi e... e
un momento!
LA BICICLETTA!!"
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